Caos LIDL: pollo contaminato ritirato dal mercato | Avviso urgente del Ministero, clienti sotto shock

Un richiamo alimentare scuote la fiducia dei consumatori. Un ingrediente non dichiarato scatena reazioni e domande legittime. Cosa è successo davvero?

Quando si parla di cibo confezionato, il margine d’errore dovrebbe essere prossimo allo zero. Ma ogni tanto qualcosa salta. E potrebbero succedere situazioni spiacevoli. È il caso del recente richiamo che ha coinvolto un prodotto piuttosto comune: il petto di pollo cotto venduto nei supermercati Lidl.

Il Ministero della Salute ha diffuso un avviso urgente: in alcune confezioni da 120 grammi, è stata rilevata la presenza di uovo non segnalata sull’etichetta. Il dettaglio, apparentemente trascurabile, può rappresentare un rischio concreto per chi è allergico. E qui si apre un piccolo vaso di Pandora: quanto ci si può fidare davvero delle etichette?

Richiamo pollo Lidl: cosa c’è da sapere

Il prodotto in questione è stato realizzato in uno stabilimento a Isola Vicentina. Le confezioni interessate sono tutte quelle con scadenza fino al 1° maggio 2025, incluso. Se da un lato la comunicazione è stata tempestiva, dall’altro il disagio per molti consumatori resta. Soprattutto per chi si affida con fiducia a nomi noti della grande distribuzione, senza troppi sospetti.

L’irregolarità, pur non essendo dovuta a contaminazioni batteriche o rischi igienico-sanitari, ha generato un comprensibile allarme. L’uovo è uno degli allergeni più comuni. Non tutti ne soffrono, certo. Ma per chi è sensibile, anche una piccola quantità può avere effetti piuttosto seri.

Come comportarsi se si è acquistato il prodotto

Il consiglio è chiarissimo: se si è allergici alle uova, il pollo non va consumato. Lidl ha comunicato che è possibile riportarlo al punto vendita anche senza scontrino, ottenendo il rimborso. Chi ha dubbi può contattare il numero verde 800.48.00.48, attivo per chiarimenti.

Il comunicato è stato pubblicato anche sul sito ufficiale di Lidl, dove si possono trovare tutte le informazioni utili. L’azienda, insieme al produttore, ha espresso dispiacere per l’accaduto, invitando i clienti a condividere l’avviso con amici e parenti. Gesto probo, va detto. Anche se resta il fatto che qualcosa non ha funzionato.

In casi come questi, l’elemento più importante non è tanto la quantità del problema, ma il fatto che sia potuto accadere. E ciò vale ancor di più in un contesto dove gli allergeni dovrebbero essere segnalati con precisione quasi maniacale. Nessuno si aspetta che ogni prodotto venga ispezionato con lente d’ingrandimento, ma l’errore appare comunque non trascurabile.

Chi può consumare il pollo di Lidl?

Non si tratta di catastrofismo. Né di voler fare la ramanzina a qualcuno. È solo che un’etichetta sbagliata può avere conseguenze sproporzionate rispetto alla leggerezza con cui, talvolta, viene corretta. Un codice, una dicitura, un asterisco mancante… e si finisce nel vattelapesca dei richiami alimentari.

Va precisato, però, che chi non ha problemi con le uova può consumare il prodotto senza alcun timore. Non c’è traccia di batteri o sostanze tossiche. Solo un ingrediente fantasma, sfuggito all’occhio di chi doveva accorgersene.

Casi simili non sono rari. Negli ultimi anni, i richiami per errori di etichettatura sono aumentati. Non è detto che significhi meno attenzione: può voler dire anche che i controlli interni sono diventati più rigidi. Ma la fiducia vacilla, ogni volta.

Questo episodio, per quanto contenuto, mette sotto i riflettori un sistema che ha bisogno di essere sempre più preciso. Anche perché il margine per l’errore, in questi casi, è quasi imperituro. Un’etichetta sbagliata oggi, può restare in giro per mesi. E le conseguenze, a quel punto, non sono più solo burocratiche.

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