I rischi per l’ortofrutticoltura italiana tra cambiamenti climatici e agrofarmaci in declino

Le colture agricole in Italia potrebbero subire un duro colpo a causa della crescente difficoltà di accesso agli agrofarmaci necessari per la loro sostenibilità. Questo avviso arriva da Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, durante la 76esima assemblea annuale dell’Associazione degli operatori internazionali del settore ortofrutticolo. Il cambiamento climatico e l’emergere di nuove fitopatologie stanno mettendo gli agricoltori di fronte a sfide inedite, ulteriormente complicate dalla progressiva riduzione delle sostanze chimiche efficaci per la difesa delle coltivazioni. Questo scenario non solo mina il futuro dell’ortofrutticoltura italiana, ma minaccia anche di causare una significativa perdita di produzioni tradizionali.

l’eco del cambiamento climatico sull’agricoltura

Il cambiamento climatico è ormai una realtà che incide pesantemente sul settore agricolo, favorendo l’insorgere di malattie e parassiti devastanti per le coltivazioni. Marco Salvi ha messo in evidenza come la crisi che sta affliggendo il settore delle pere, un tempo orgoglio della produzione italiana, possa essere un campanello d’allarme per altre colture. La diminuzione delle opzioni di difesa chimica sta complicando le operazioni degli agricoltori, costringendoli a ripensare le proprie strategie. Questo scenario è ulteriormente aggravato dalla necessità di trovare e implementare soluzioni rapide ed efficaci per proteggere i raccolti. La carenza di alternative non solo mette in pericolo la sopravvivenza delle colture, ma mina anche la competitività del settore sul mercato globale.

Gli agricoltori italiani si trovano a dover affrontare una doppia sfida: da un lato, devono gestire le incertezze climatiche che alterano i cicli di crescita e raccolta, dall’altro, fare i conti con un numero sempre più ridotto di prodotti fitosanitari approvati e disponibili. Questa situazione frena la capacità delle aziende agricole di adeguarsi ai cambiamenti e mantenere gli standard di qualità che hanno reso famosa nel mondo la frutta italiana.

minacce di delocalizzazione e attrazione di investimenti esteri

La strada verso la sostenibilità economica e produttiva dell’agricoltura italiana passa anche attraverso il rischio di delocalizzazione della produzione. Marco Salvi ha lanciato un monito riguardo all’interessamento crescente da parte di investitori italiani verso paesi come la Grecia, attratti da costi di manodopera più bassi. In queste nazioni stanno nascendo joint venture e acquisizioni di terreni per la coltivazione di kiwi, sfruttando condizioni economiche più vantaggiose. Parallelamente, il Nord Africa sta vedendo un’espansione delle sue esportazioni di agrumi, pomodori e fragole, prodotti che iniziano a guadagnare quote di mercato proprio durante i periodi di intensa attività delle aziende italiane.

Tale tendenza rappresenta una minaccia non solo per l’occupazione dei lavoratori agricoli italiani, ma anche per la qualità delle produzioni storiche che caratterizzano l’agricoltura del Bel Paese. La migrazione delle produzioni verso paesi con manodopera a basso costo potrebbe comportare una serie di implicazioni economiche e sociali, riducendo ulteriormente la competitività del settore ortofrutticolo nazionale in un mercato sempre più globalizzato.

la necessità di regolamentazioni europee più eque

Salvi ha inoltre sollevato l’importanza di adottare politiche di reciprocità all’interno dell’Unione Europea per garantire equità nel settore agricolo. Ha evidenziato come i prodotti importati debbano sottostare agli stessi standard di autorizzazione degli agrofarmaci imposti ai produttori europei. Questo per evitare che le esportazioni provenienti da paesi non comunitari possano beneficiare di regole meno stringenti, garantendo loro un vantaggio competitivo ingiusto.

Il presidente di Fruitimprese propone che, se un prodotto è autorizzato e impiegato in un qualsiasi Stato membro, lo stesso dovrebbe valere per tutti gli altri membri che praticano coltivazioni analoghe. Questo approccio garantirebbe un mercato agricolo equo e sostenibile, preservando le produzioni locali dall’influsso di concorrenze sleali e mantenendo alti gli standard qualitativi per cui l’Italia è rinomata a livello internazionale.

Mentre il settore ortofrutticolo italiano naviga in acque difficili, emerge chiara la necessità di un intervento strutturato e proattivo per tutelare non solo un’eccellenza produttiva, ma anche un prezioso patrimonio culturale del paese.

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